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Un viaggio in Tanzania che ha cambiato la vita di Ilaria Beraldi

Ilaria Beraldi si trasferisce in Tanzania per lavoro e finisce per innamorarsi del paese e di un guerriero massai

1) Iniziamo da te: Raccontaci un po’ chi è Ilaria? Come è iniziata la tua avventura?

Mi chiamo Ilaria Beraldi, una ventinovenne natia della Calabria ma trapiantata in Toscana.

Sono una ragazza solare, socievole e mi piace essere sempre circondata da persone.

Sono piena di energia e instancabile ed è proprio per questo mio lato che mi ritrovo a fare tantissime cose durante la giornata tra cui stare dietro alla mia peste di 3 anni.

Un mio difetto? Essere impulsiva, ma nell’arco degli ultimi anni, questa mia parte caratteriale, insieme ad un pizzico di coraggio mi ha reso la persona che sono oggi.

Ho conseguito la scuola Alberghiera diplomandomi come cuoca e subito dopo ho iniziato a fare stagioni, lavorando in diversi alberghi e ristoranti, girando per tutto lo stivale e anche all’estero.

Grazie al mio percorso lavorativo ho rivoluzionato la mia vita.

Poco più che ventenne partii con un tour operator per inseguire la carriera come Chef in una terra sconosciuta e lontana: Zanzibar, un’isola tropicale a sud Dell’equatore, un vero e proprio paradiso. Volevo imparare a cucinare piatti da ogni parte del mondo.

Mi piaceva tantissimo lavorare in una cucina dove dalla finestra si vede l’oceano Indiano e la spiaggia bianca.

Avrei dovuto fermarmi solo tre mesi ma rimasi due anni per amore di un guerriero masai


2) Come è nata la tua storia d’amore?

Dopo pochi mesi che vivevo lì, durante una serata in un bar sulla spiaggia conobbi un ragazzo Masai che mi chiese di ballare. Scocca la scintilla. Anche lui si trova lì per lavoro e cominciammo a frequentarci.

Mi si aprì un mondo così iniziai a viaggiare nell’entroterra della Tanzania, nelle terre masai per conoscere la tribù del mio fidanzato.

Grazie a lui scoprii una cultura completamente diversa dalla mia immergendomi in tradizioni ancestrali, sentendomi parte integrante di una famiglia masai.

Imparai a conoscere usi e costumi di questa tribù dove uomini e donne vivono quasi in modo separato, anche i pasti sono consumati separatamente.

Ci si cura con erbe, radici e bevendo il sangue di mucca o capra, i bambini sono liberie corrono da una parte all’altra della savana giocando con poco o nulla.

C’è veramente poco ma quel poco si condivide anche con dei perfetti sconosciuti come me.

Si dorme in capanne di fango e sterco di mucca senza elettricità.

Per prendere l'acqua, tutti i giorni bisogna camminare per 40 minuti fino al villaggio più vicino, riempire le taniche, posizionarle sull’asino e tornare indietro.

La tribù masai mi ha aperto gli occhi e grazie a loro ho cambiato il mio stile di vita.

Mi hanno insegnato a godermi le piccole cose come un tramonto, il silenzio della notte, la natura in tutta la sua bellezza.

Mi hanno insegnato ad accontentarmi di quello che ho, difatti alla base del mio stile di vita la parola d’ordine è semplicità.

In questo ultimo anno, ho dovuto affrontare, dopo 6 anni di matrimonio, una figlia di 3 anni, e una moltitudine di viaggi fatti insieme, la separazione da mio marito.

Molti di voi penseranno che questa rottura sia dovuta alle troppe differenze culturali che ci sono ma vi devo contraddire.

Ho sempre creduto che la fusione tra culture diverse possa essere solo un arricchimento per noi stessi e per il nostro modo di vivere e pensare.

Almeno per me è stato così, ho ricevuto e dato tanto e non mi pento di niente.

In qualsiasi coppia per vivere bene bisogna sempre scendere a compromessi ma purtroppo quando i caratteri sono sempre in contrasto è difficile andare d’accordo.

Ed è proprio questo il motivo della nostra separazione.


3) Quali sono stati i momenti più belli che hai vissuto a Zanzibar e le difficoltà che hai riscontrato?

Grazie a questa mia permanenza feci amicizia con tante persone locali, grazie ai quali ebbi la possibilità di conoscere la vera Zanzibar, non quella turistica, ma quella fatta di povertà, di bambini scalzi che giocano per strada e persone che abitano nelle baracche.

In quei mesi venne fuori la mia vera anima, mi resi conto che qualcosa stava cambiando in me, il mio modo di pensare, di comportarmi stava piano piano trasformandosi.

Prima mi sentivo in gabbia, mentre qui, a Zanzibar, ero finalmente libera da ogni vincolo imposto dalla società e libera di vivere la vita senza essere giudicata.

Quegli anni passarono felici, imparai lingue e culture differenti ed poi, era sempre Estate!

Fu meraviglioso vivere alla giornata, pole pole (in lingua swahili piano piano), senza fretta e senza problemi “Hakuna matata” come la maggior parte della gente locale.

Andare a fare la spesa in mercati colorati e pieni di odori, partecipare a matrimoni musulmani indossando il vestito tradizionale e viaggiare con il dala dala, l’autobus strapieno di gente dalle vesti colorate e merci per andare a Stone Town, la città di pietra, patrimonio UNESCO dai pittoreschi vicoli pieni di negozi di artigianato locale e tessuti africani.

Nei giorni liberi non mi mancava mai la compagnia dei pescatori che mi portavano alla scoperta dell’oceano a bordo del Dhow, la tipica imbarcazione in cerca di delfini e stelle marine.

Zanzibar l’ho sempre definita l’isola delle contraddizioni perché se da un lato si presenta come il paradiso, dove si può vivere 24h su 24 in infradito e costume, dall’altro lato è un paese con carenza di istruzione e sanità.

Esiste la corruzione e noi occidentali molte volte veniamo visti come “persone ricche da spennare” e quindi presi di mira da polizia, istituzioni, oltre che dalla gente comune.

Molte volte ho riscontrato anche un pizzico di razzismo nei nostri confronti come, per esempio, l’aumento di prezzo appena vedono una persona bianca


4) Hai mai volato con Ethiopian Airlines? Se si, raccontaci la tua esperienza!

Spesso ho volato con questa compagnia durante i miei viaggi in Tanzania e devo dire che mi sono sempre trovata bene.

Gli aerei sono abbastanza grandi con comode sedute.

Il cibo è molto buono e abbondante.

Per i bimbi danno un set di colori e giochi per poter passare il tempo durante il volo.

Ogni passeggero ho un monitor dove poter guardare film, ascoltare la musica e giocare.

La mia esperienza è stata sempre positiva e penso di continuare a viaggiare con questa compagnia anche in futuro.


5) Cosa ti ha spinto a tornare in Italia?

Dopo due anni questa vita in Africa così spartana iniziò a starmi stretta e mi sentii bloccata.

Ero riuscita a vivere come avevo sempre sognato ma sentivo che qualcosa in me mancava.

Volevo costruire una famiglia con il mio guerriero masai ma ero consapevole che in questa terra sarebbe stato difficile.

Trovare un lavoro più remunerativo di quello che avevo non era facile e in contemporanea il mio fidanzato non avrebbe mai avuto sbocchi lavorativi in questa terra.

Poi, in previsione di un figlio, la sanità e l’istruzione erano sono delle migliori.


6) Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Ad oggi posso dire che sono diventata la donna che ho sempre sognato da bambina perché ho imparato ad amarmi, a bastarmi, e ad ascoltare quello che la mia mente e il mio corpo chiede.

Quindi nel futuro spero di continuare a far conoscere questa terra magica e a trasmettere le emozioni che ho provato attraverso i miei social condividendo i miei spaccati di vita, foto di viaggio, curiosità oltre a consigli di viaggio.


7) Quali consigli daresti ai nostri viaggiatori per un viaggio a Zanzibar?

Esistono un’infinità di blog con consigli su come trascorrere le vacanze in questa terra ma quanti conoscono realmente l’isola in ogni sua sfaccettatura? Beh, Io mi divido Tra Italia e Tanzania, da quasi 10 anni, vivendo nella savana, tra le foreste, e all’occorrenza nelle capanne fango tra la tribù masai, il mare turchese e le spiagge bianche.

Zanzibar è consigliata sia per i viaggiatori all’avventura, turisti amanti del lusso o sportivi in cerca di attività come il kite surf, la pesca o lo snorkeling.

Non è solo mare e spiagge paradisiache come si vedono dalle cartoline.

È un mix di sapori, profumi, emozioni.

I sorrisi dei bambini che ti scaldano il cuore, i vecchi sulle loro biciclette scalmanate cariche di frutta, le strade mal asfaltate che corrono in mezzo a piantagioni di banane ed enormi alberi di mango, i vicoli di Stone Town dall’architettura arabeggiante, i poveri villaggi di pescatori, le scuole piene di bambini rumorosi.

In questa isola verde e rigogliosa popolata di scimmie, ci si potrà addentrare nella foresta, in Piantagioni di spezie in mercati colorati e dagli odori forti, si potrà nuotare con i Delfini e tartarughe, e se uno è fortunato potrebbe persino vedere le balene. I luoghi da scoprire sono tanti.

Ricordo che siamo in un paese prevalentemente di religione musulmana quindi dobbiamo rispettare gli usi e costumi.

Mai addentrarsi nei villaggi o andare a visitare le scuole vicino alla spiaggia in costume.

Durante il ramadan esistono delle restrizioni che vanno rispettate se no è pericoloso girare per la città.

Poi una cosa che ci tengo particolarmente sono i bambini locali.

Molte volte li trovi in spiaggia a fare elemosina e purtroppo molti turisti donano loro soldi credendo di fare del bene.

Ma non è così, perché facendo in questo modo insegniamo ai bambini che è meglio girovagare tutto il giorno in spiaggia perché si guadagna invece di andare a scuola e magari da grandi trovarsi un vero lavoro.


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